DIO CREATORE

 

 

PREMESSA

 

Un giorno parlavo con una coetanea di mia figlia Alexia. Di questa giovane ragazza, sapevo che era atea. Quando le chiesi le ragioni di questa sua scelta, mi rispose di non ritenere vera l’esistenza di un creatore, perché  la scienza le offriva già le risposte circa l’origine di tutto ciò che esiste.

Come in questo caso, chi chiude ogni possibilità alla ricerca e alla conoscenza del trascendente, spesse volte è disinformato, male indirizzato o legato a false credenze e convinzioni. Ad esempio, la persona comune non sa che diversi di scienziati di successo, del passato o del presente, hanno creduto e credono che ci sia un disegno intelligente sopra di noi. In questo trattato divulgativo, faremo parlare attraverso le loro testimonianze,  geologi, paleontologi, fisici, astronomi, affinché si possa smitizzare la famosa leggenda, per la quale la scienza smentirebbe il racconto biblico della creazione.

L’autore.

 

PERCHE’ DIO?

 

L’incipit della Genesi è rappresentato da una semplice frase ad effetto che dice così: “In principio Dio creò il cielo e la terra”. Con questa dichiarazione, la Sacra Scrittura apre un lungo racconto, la cui stesura impegnerà circa 40 autori ispirati, per un arco di tempo che durerà ben 16 secoli. La Bibbia, quindi, non piacerà all’ateo che rigetterà la realtà di un Creatore, né desterà l’interesse dell’agnostico superficiale, che si preclude a priori, la possibilità di sapere se vi sia o meno un Dio. L’ateo rigetta l’idea del divino, perché gli elementi spirituali non possono essere valutati e misurati con gli strumenti tradizionali della scienza. E proprio perché Dio, come Spirito, non appartiene alla categoria dell’immanenza, non può essere ricercato con investigazioni puramente “materiali”. Famosi scienziati come Galileo Galilei e Isaac Newton ponevano fiducia in un Creatore, ma la loro fede non era in contrasto con il proprio amore per la scienza. Domandiamoci:  è logico pensare che una navicella spaziale sia frutto di un progetto, mentre un uccello non lo sarebbe? Ad esempio,  la terra si trova in una posizione ideale e ha tutto il necessario per ospitare la vita, ma basterebbe una variazione infinitesimale del suo asse, per rendere l’atmosfera terrestre invivibile, con la conseguenza che il nostro globo diventerebbe una palla di fuoco o un gigantesco cubo di ghiaccio. Gli organismi viventi, sono troppo complessi per essersi sviluppati grazie a eventi casuali, ed è  difficile asserire che ciò che esiste, abbia avuto origine spontaneamente dalla materia inanimata. La capacità del codice genetico di immagazzinare informazioni, supera di gran lunga le moderne tecnologie. Vedremo come tutte le forme di vita non discendano da un progenitore comune, il quale si sarebbe evoluto nel corso di miliardi di anni. Stando alla documentazione fossile, tutti i principali gruppi di animali sono comparsi all’improvviso e non in seguito ad uno sviluppo graduale. Difatti, scopriremo avanti come il racconto biblico della creazione, contenuto in Genesi, sia in armonia con la scienza moderna. Da un sondaggio condotto qualche anno fa dal settimanale americano Newsweek,  risultava che negli Stati Uniti l’80 per cento delle persone “credono che sia stato Dio a fondare l’universo”. Significa che queste persone siano arretrate ed ignoranti? Come si spiega che scienziati esperti nel “vivisezionare” l’atomo, possano credere anche in Dio? Il periodico scientifico Nature, riferiva che circa il 40 per cento dei biologi, fisici e matematici intervistati, credeva in un Dio e non solo come essere reale, ma anche come uditore ed esauditore di preghiere. Diversamente, gli scienziati che si rifiutano di credere al trascendente, in realtà seguono una sorta di protocollo professionale, in  ossequio al quale non si può e non si deve credere in Dio, ma solo in ciò che è immanente. Indicandone una ragione, Douglas H. Erwin paleobiologo dello Smithsonian Institute di Washington, afferma: “Una delle norme della scienza è che non si deve credere ai miracoli”. A tal proposito, in Romani 1:19-21 è scritto: “Poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha loro manifestato. Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità; essi sono dunque inescusabili, perché, pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come a Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrata la loro mente ottusa”. E ancora in Atti 17:28-29, leggiamo:  “In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo, come anche alcuni dei vostri poeti hanno detto: Poiché di lui stirpe noi siamo. Essendo noi dunque stirpe di Dio, non dobbiamo pensare che la divinità sia simile all'oro, all'argento e alla pietra, che porti l'impronta dell'arte e dell'immaginazione umana”.

 

LA GENESI NON E’ UN MITO D’IMPORTAZIONE PAGANA

 

Alcuni vorrebbero collegare il racconto biblico della nascita del creato, con i racconti mitologici della Mesopotamia.  In effetti nell’antica Babilonia circolavano diverse narrazioni sulla creazione, tuttavia la più conosciuta si chiama Enuma Elish. In essa si tratta la figura mitica di  Marduk, divinità dell’impero  babilonese. In breve, la storia parla della dea Tiamat e del dio Apsu, che divengono i genitori di ulteriori divinità. Apsu se la prende con questi dèi per il loro comportamento, al punto che decide di distruggerli. Se non che Apsu viene ucciso dal dio Ea, e quando la dea Tiamat cerca di vendicarlo, viene a sua volta uccisa dal figlio di Ea, Marduk, che divide a metà il corpo di Tiamat, usandone una parte per formare il cielo e l’altra per fondare la terra. Una curiosità su Marduk di Babilonia, risiede nel fatto che egli avesse 50 nomi. Nell’invocarlo, se non rispondeva ad un nome, se ne  poteva usare un altro. Le successive gesta di Marduk, includono la creazione dell’umanità con l’aiuto di Ea, attuata utilizzando il sangue del dio Kingu, capo dell’esercito di Tiamat. Lo storico statunitense P. J. Wiseman,  nel suo famoso libro New discoveries in Babylonia about Genesis pubblicato nel 1936, fa rilevare che nel momento in cui furono rinvenute le tavolette babilonesi sull’epopea della creazione, alcuni studiosi si aspettavano che le nuove rilevazioni dimostrassero le analogie fra queste e il racconto della creazione contenuto in Genesi; alcuni detrattori della Bibbia, pensavano che si sarebbe finalmente e chiaramente compreso  che la narrazione biblica dei primi atti creativi, potesse essere un’imitazione dei racconti babilonesi. Eppure nuovi studi e scoperte, non hanno fatto altro che evidenziare l’abisso esistente tra le due storie, per nulla simili fra loro. Wiseman cita uno studio sulle leggende babilonesi della creazione e sulla lotta fra Bel e il dragone, edito dai curatori del British Museum (The Babylonian Legends of the Creation and the Fight between Bel and the Dragon), secondo cui “i concetti fondamentali dei documenti babilonesi ed ebraici sono essenzialmente diversi”. Egli stesso osserva: “È davvero un peccato che molti teologi (liberali n.d.r), invece di tenersi al corrente circa le moderne scoperte archeologiche, continuino a ripetere l’ormai confutata teoria delle ‘imitazioni’ di fonti babilonesi, da parte della scrittura ebraica” (Creation Revealed in Six Days, Londra, 1949, p. 58). Tuttavia, esaminando apparenti somiglianze e differenze, il professor George A. Barton che fu docente di lingue semitiche e storico delle religioni, osservò: “La differenza più importante si nota nelle due concezioni religiose. Il poema babilonese è mitologico e politeistico. La sua concezione della divinità non è affatto elevata. I suoi dèi amano e odiano, tramano e complottano, lottano e distruggono. Marduk, che risulta il vincitore, ha la meglio solo dopo una lotta spietata, che lo lascia sfinito. Genesi, invece, rispecchia il più nobile ed elevato monoteismo. Dio è il sovrano assoluto di tutti gli elementi dell’universo, obbedienti al  minimo cenno. Egli domina tutto senza sforzo, si pronuncia e le cose avvengono: “Poiché egli parlò, e la cosa fu; egli comandò e la cosa sorse” (Salmo 33:9).  Ancor oggi la lettura dei primi due capitoli di Genesi, rivela la maestà e la potenza dell’unico Dio. Egli suscita nell’uomo moderno, così come nell’antico ebreo, un atteggiamento di ammirata riverenza nei confronti del Creatore” (Archaeology and the Bible, 1949, pp. 297, 298). Riguardo agli antichi miti della creazione in generale, viene detto: “Finora non è stato trovato nessun mito che si riferisca esplicitamente alla creazione dell’universo, e quelli che ne trattano l’organizzazione con i suoi processi culturali, noteranno che i racconti della creazione dell’uomo con l’istituzione della civiltà, sono caratterizzati dal politeismo e dalle lotte fra gli dèi per la supremazia, in netto contrasto col monoteismo ebraico di Genesi 1 e 2” (New Bible Dictionary, a cura di J. D. Douglas, 1985, p. 247). Inoltre, è ragionevole concludere che nella misura in cui ci definiamo discepoli di Gesù, dovrebbe essere naturale per noi credere in quello che lui stesso riteneva vero. Ad esempio, il Messia aveva le idee ben chiare sulla creazione diretta di Dio, circa l’uomo e la donna. Da Matteo 19:4 estraiamo le sue parole, quando chiese ai farisei “Non avete letto che il Creatore, da principio, li creò maschio e femmina?”. Inoltre, sussiste anche una ragione teologica per respingere le tesi dell’evoluzione, ovvero il sacrificio di riscatto. Dio non ha donato suo figlio destinandolo alla croce, per redimere il peccato di un Australophitecus o dell’uomo di Neanderthal, ritenuti tra i progenitori della nostra razza umana intelligente. Se così fosse, a partire dal peccato dell’ Eden, fino ai circa 4000 anni successivi, quando venne il Messia, ogni giorno d’attesa sarebbe trascorso invano.

 

LA VITA E’ FRUTTO DEL CASO?

 

Vi è una mente intelligente che governa il micro e il macrosmo. Le cronache antiche narrano che Galeno, medico greco di tendenze atee vissuto nel II secolo d.C., in seguito all’accurata osservazione anatomica del corpo umano, affermò: “Un uomo deve essere veramente pazzo se dopo aver studiato a fondo l’organismo di una persona, rimane ateo”. Nel XIX secolo, un altro importante personaggio fu William S.Hamilton. Filosofo, docente di logica e metafisica all'università di Edimburgo, concluse che la personalità dell’uomo sia la riprova dell’esistenza di Dio. Difatti, affermò: “Noi sappiamo di esistere. Non possiamo razionalmente dubitare di questo poiché la conoscenza di noi stessi  è immediata e porta con sé la garanzia di certezza. Sappiamo pure con sicurezza di non esserci creati da soli, consapevoli di non poter produrre le nostre anime. Questo conduce alla convinzione per la quale capiamo d’esser stati creati da qualcun altro, al di fuori di noi stessi e questo qualcun altro, deve aver avuto potenza sufficiente per creare  le nostre anime, che sono appunto l’effetto finale osservato”. Vi è una mente intelligente che governa il micro e macrosmo.

Se ad esempio prendiamo le Scritture, apprezzeremo che in esse si trovino circa 2500 profezie, per analizzare le quali, dovremmo scrivere uno spesso tomo di molte pagine. Nondimeno, ben 2000 tra queste si sono già adempiute, e le rimanenti 500 riguardano il futuro. Ciò significa, statisticamente parlando, che se esiste una probabilità che il loro avversarsi possa essere il risultato del puro “caso”, questo risulterebbe talmente irrealistico, che non sarebbe nemmeno pensabile lo scriverne il numero di probabilità per esteso. Ad esempio, la possibilità che le  circa 330 predizioni dell’Antico Testamento, adempiute in relazione alla venuta del Messia, siano il prodotto del caso, è pari alla formula di 1 a 2,187 x 10 alla 99esima. E quindi, in tutto ciò deve esserci necessariamente una causa prima, una mente intelligente.

Lo scienziato professor James Jeans, matematico, fisico e astronomo, scrisse che alla luce delle nuove scoperte scientifiche “l’universo diventa molto più simile a un grande pensiero che a una grande macchina”. Dichiarò anche che “il Grande architetto dell’universo adesso comincia ad apparirci un matematico puro” e che l’universo “evidenzia segni dell’esistenza di un potere che lo controlla, e che ha qualcosa in comune coi nostri spiriti individuali”. Da quando il professor Jeans scrisse queste parole, altri luminari sono arrivati a una conclusione simile. “L’organizzazione complessiva dell’universo, ha fatto supporre a molti astronomi moderni che esista un elemento progettuale”, ha ammesso un altro scienziato credente, il fisico Paul Davies. Riflettendo sulle molecole che sono necessarie per il funzionamento delle cellule, sappiamo che esse sono costituite da una catena di centinaia di amminoacidi, disposti secondo una sequenza specifica. Inoltre, tali molecole per poter funzionare, devono ripiegarsi assumendo una tipica e particolare conformazione tridimensionale. Le probabilità che anche una sola di queste si formi in modo spontaneo e casuale, sono estremamente remote. “Dal momento che le funzioni di una cellula richiedono migliaia di proteine diverse” continua il fisico Paul Davies l’ipotesi che si siano formate semplicemente per caso non è credibile”. Uno dei più noti fisici e matematici di tutti i tempi, il premio Nobel Albert Einstein, scrisse: “Il fatto che il mondo naturale sia comprensibile è davvero un miracolo”. Secondo lui, tale miracolo includeva la vita stessa, dai suoi elementi basilari allo straordinario cervello umano. Prendiamo il DNA che contiene il patrimonio genetico di ogni organismo cellulare, essendo la molecola fondamentale per la trasmissione dei caratteri ereditari. Questo acido complesso è stato paragonato sia a un progetto edilizio che a una formula. E dal momento in cui esso racchiude una gran quantità di informazioni codificate in un ambiente molecolare, è sorprendente notare la sua capacità di interpretarle e agire in base a esse. Quanti dati sono racchiusi nel DNA? Secondo Einstein, se le unità fondamentali, chiamate nucleotidi, fossero convertite in lettere dell’alfabeto, esse “occuperebbero più di un milione di pagine di un normale libro” e questo non potrebbe ragionevolmente essere il prodotto di una fortuita coincidenza.

Nella maggioranza degli organismi, il DNA è avvolto in corpuscoli allungati, chiamati cromosomi, custoditi nel nucleo di ogni cellula. Il nucleo a sua volta ha un diametro medio di circa 5 millesimi di millimetro. Pensate: tutte le informazioni che hanno permesso lo sviluppo del vostro organismo, sono racchiuse in corpuscoli talmente infinitesimali, da essere visibili solo grazie al più raffinato metodo d’indagine. Questa realtà è significativa, se paragonata alla capacità di memorizzazione posseduta dai microchip, DVD, ed altri strumenti tecnologici e digitali, inventati dall’uomo. E per di più, il DNA ha ancora molti segreti da svelare.

Alla luce delle ultime novità sui meccanismi interni alla cellula, il filosofo britannico Antony Flew, che fu un ateo convinto, affermò che “la complessità quasi incredibile delle circostanze necessarie per produrre la vita, dimostra che dietro tutto ciò deve esserci stata un’intelligenza”. Flew ritiene che sia giusto “seguire la logica a prescindere da dove conduce”. Nel suo caso, essa ha portato a un totale cambiamento di pensiero e lo prova il fatto che Flew nel 2004 abbandonò la fede verso l’ateismo, per riconoscere l’esistenza di Dio. Non a caso, al netto della nostra volontà, il Creatore ci ha dotato della “capacità intellettiva” di studiare il mondo che ci circonda, e trovare risposte soddisfacenti alle nostre domande (1 Giovanni 5:20). A questo riguardo, lo scienziato e premio Nobel William D. Phillips scrisse: “Quando esamino l’ordine, la complessità e la bellezza dell’universo, sono portato a concludere che ciò che vedo è stato progettato da un’intelligenza superiore. La comprensione scientifica della sua armonia e l’incantevole semplicità della fisica, rafforzano la mia convinzione che Dio esiste. Infatti, le probabilità che si formi per puro caso una singola molecola proteica, sono di 1 su 10 con 243 zeri”. Nonostante ciò, molti scienziati  a motivo delle proprie convinzioni personali di tipo ateista, respingono la verità della Bibbia nell’affermazione che Dio creò tutte le cose: “Certo ogni casa è costruita da qualcuno, ma chi ha costruito tutte le cose è Dio” (Ebrei 3:4).

 

Ma anche disponendo di tutto il tempo eterno, è palese la matematica impossibilità che le molecole complesse, necessarie per formare una cellula vivente, siano nate accidentalmente. Pertanto, le teorie evoluzionistiche, veri e propri dogmi per chi nutre fede nella scienza, sono logicamente e ragionevolmente inaccettabili. Occorre più fede per pensare che la vita sia nata dal cieco caso, che per ritenere Dio responsabile dell’origine di ogni cosa esistente. A sostegno di ciò,  lo scienziato e astrofisico David Block ha osservato: “Chi non pensa ad un Creatore deve avere più fede rispetto a chi invece ci crede! Chi dichiara che Dio non esiste, fa un’affermazione di carattere generale priva di fondamento, cioè un postulato che si basa sulla fede nel nulla”. Il genetista Francis Collins sostiene in che modo fede e spiritualità possano aiutare a colmare il vuoto lasciato dalla scienza: “Non mi aspetto che la religione sia lo strumento giusto per sequenziare il genoma umano e, analogamente, non mi aspetto nemmeno che la scienza sia il sistema per avvicinarsi al soprannaturale. Ma sulle domande davvero fondamentali, come ‘Perché esistiamo?’ o ‘Perché l’uomo tende alla spiritualità?’, trovo che la scienza non abbia risposte. Molte superstizioni sono nate e poi svanite nel nulla. Ed invece, questo non è accaduto alla religione legata al Dio Creatore; ciò  fa pensare che credere in un progettista, sia segno di pragmaticità e concretezza”. Il professor John Lennox, docente di matematica ad Oxford scrive: “Più cose conosciamo riguardo al nostro universo, e più l’ipotesi che vi sia un Dio Creatore il quale abbia progettato l’universo per un certo scopo, acquista credibilità come spiegazione migliore al motivo per il quale noi siamo qui sulla terra”. La scienza “fornisce molte nozioni”, ha scritto il fisico austriaco e premio Nobel Erwin Schrödinger  “ma in quanto a tutto ciò che è vicino al nostro cuore e a ciò che conta veramente per noi, rimane in un imbarazzante silenzio”. Per esempio, soltanto Dio può rispondere a quesiti come quelli che seguono: “Perché esiste l’universo? Perché il nostro pianeta è popolato da tante forme di vita, incluse quelle intelligenti? Se Dio è veramente onnipotente, perché permette il male e le sofferenze? C’è una speranza dopo la morte?” Nella nostra società post-moderna e post-umanistica, in questo tempo di “società liquida”, secondo una espressione coniata dal sociologo Zygmunt Baumann, non possono esserci responsi al di fuori di Dio.

 

EVOLUZIONE?

 

Esiste una “bibbia atea” volutamente con la “b” minuscola: si tratta de L’origine delle specie, opera scritta da Charles Darwin e pubblicata nel lontano 1902. In onore all’ateismo materialista, intendendo con materialismo la teoria secondo la quale ogni singola forma di vita dell’universo, sarebbe venuta all’esistenza senza alcun intervento divino, Darwin insegnava che i piccoli cambiamenti osservabili nelle specie, dimostrano la possibilità anche di mutamenti maggiori, benché nessuno li abbia mai osservati. Sosteneva che nel corso di lunghi intervalli di tempo, per mezzo di “modificazioni estremamente leggere”, alcune cosiddette forme di vita si fossero lentamente evolute in milioni di forme diverse. Nel processo di disumanizzazione, conseguenza della fede verso l’evoluzionismo, Darwin fornì le basi per il “movimento eugenico” quando scrisse nel “The descent of Man” che “…fra i selvaggi, i deboli nel corpo e nello spirito vengono rapidamente eliminati; chi sopravvive, generalmente gode ottima salute. Noi uomini civilizzati, invece, facciamo tutto il possibile per arrestare il processo di eliminazione; costruiamo cliniche per pazzi, storpi e malati. Istituiamo leggi per i poveri ed i nostri medici esercitano al massimo le loro abilità, per mantenere in vita i malati, il più a lungo possibile. Nessuno di quelli che si sono dedicati all’allevamento di animali domestici, dubiterà che questo può essere altamente pericoloso per la razza umana”. Qualche decennio più tardi, il nazismo fece propria questa idea, traducendola in sterminio umano  ed esperimenti manipolativi.

La teoria dell’evoluzione, costituisce insegnamento scolastica per i nostri figli e nipoti. Ma a tal riguardo, anche il fisico italiano professor Antonino Zichichi  sostiene, come altri scienziati di cui abbiamo letto in precedenza, che “l’evoluzionismo non è una scienza, perché manca di una struttura matematica e della verifica sperimentale”. In effetti, le informazioni per le quali l’uomo sarebbe il prodotto del caso e che a sua volta l’homo sapiens risulterebbe discendente di antenati che saltavano da un albero all’altro, le troviamo ovunque. La teoria evoluzionistica di Darwin, secondo cui l’uomo evoluto avrebbe lasciato l’Africa 200.000 di anni fa, andando a popolare tutto il pianeta, viene oggi generalmente presentata come un fatto scientificamente dimostrato, sebbene continui a essere basata solo su ipotesi. La maggior parte della gente, ne accetta la validità in maniera cieca, senza porla minimamente in dubbio. Chi la mette in discussione, è giudicato come fanatico, oscurantista e fuori dal tempo.

Darwin pensava che tutte le forme vitali discendessero da un antenato comune. Immaginava la storia della vita sulla terra come un albero gigantesco. Altri studiosi, in seguito, ipotizzarono che il tronco alla base di questo famigerato “albero della vita” rappresentasse le prime cellule semplici. Dipartendosi dal tronco, nuove specie avrebbero dato origine a rami principali. Dopodiché si sarebbero divisi in rami secondari come famiglie di piante, animali e quindi in ramoscelli progressivamente più piccoli. E ciò, fino ad ottenere tutte le specie esistenti all’interno di tali famiglie. Tuttavia, ricerche più recenti contraddicono la teoria darwiniana dell’antenato comune. Ad esempio, un articolo comparso su New Scientist nel 2009 cita le parole del biologo contemporaneo professor Eric Bapteste, per il quale “non c’è alcuna evidenza che l’albero della vita sia una realtà”. Nello stesso articolo è citato anche il professor  Michael Rose,  un altro biologo, in questo caso evoluzionista, che ha ammesso: “L’albero della vita sta per essere gentilmente seppellito, e lo sappiamo tutti. Ciò che è più difficile ammettere è che la nostra stessa concezione di biologia debba cambiare”. Molti scienziati chiamano in causa la documentazione fossile, per sostenere che le forme di vita avrebbero avuto un’origine comune. Asseriscono, ad esempio, che i fossili documentino il passaggio da pesci ad anfibi e da rettili a mammiferi. Ma cosa rivelano veramente i fossili? “Invece di trovare una gradualità nello sviluppo della vita”, dice il paleontologo evoluzionista professor David Raup “ciò che i geologi, dal tempo di Darwin fino a quelli odierni hanno trovato, è una documentazione alquanto disomogenea e discontinua; in altre parole, nella sequenza delle specie, tutte compaiono all’improvviso, finché sono presenti nella documentazione, e non mostrano che piccoli cambiamenti o nessuno, per poi scomparire improvvisamente”. In realtà, nel corso di lunghi periodi di tempo, la stragrande maggioranza dei fossili rivela stabilità tra i vari tipi di creature. Non ci sono evidenze di una loro evoluzione, nel tempo, da un tipo all’altro, perché specifici piani di organizzazione anatomica compaiono bruscamente. Anche nuove caratteristiche compaiono all’improvviso. Per esempio, i pipistrelli che sono dotati di sonar e sistemi di ecolocazione, compaiono senza essere riconducibili a un antenato primitivo. All’inizio del XX secolo, i fossili usati per sostenere la teoria secondo cui uomo e scimmia si sarebbero evoluti da un antenato comune, potevano stare tutti su un tavolo da biliardo. Nel corso del tempo il loro numero è aumentato, e adesso si ritiene che potrebbero riempire il vagone di un treno merci. Tuttavia, la stragrande maggioranza di tali fossili, consiste in nient’altro che un insieme di singole ossa, denti e improbabili crani: assemblando il tutto si può ricavare uno scheletro, completato con l’immaginazione degli esperti.

Parlando del criterio con cui tali fossili dovrebbero essere classificati, nel 2009 il professor Robin Derricourt dell’Università del Nuovo Galles, in Australia, ammetteva: “Forse l’unica cosa su cui siamo d’accordo è che non siamo d’accordo”. Nel 2007 il periodico scientifico Nature,  pubblicava un articolo redatto dagli scopritori di un altro dei presunti anelli mancanti nell’albero evolutivo. Stando allo scritto di tale rivista, non si sa nulla sul quando e sul come la linea evolutiva umana, si sarebbe distinta da quella delle scimmie. Gyula Gyenis, ricercatore presso il Dipartimento di Antropologia Biologica dell’Università Eötvös Loránd in Ungheria, nel 2002 scriveva: “La classificazione e la collocazione evolutiva dei fossili di ominidi sono elementi di continuo dibattito”. Lo scienziato sostiene, inoltre, che la documentazione fossile raccolta non permetterebbe affatto di stabilire con precisione quando, dove o come l’uomo si sia evoluto da creature scimmiesche. Ad esempio, nei libri di testo e nei musei, il colore della pelle, la villosità e i lineamenti del volto dei nostri presunti “progenitori”, vengono sempre rappresentati con caratteristiche tipiche. In genere, queste riproduzioni presentano gli “antenati” maggiormente remoti, con tratti scimmieschi mentre quelli ritenuti vicini all’uomo con una struttura molto più simile alla nostra, con la pelle più chiara e meno peluria. Nell’anno 2003 il dottor Carl Stephan, esperto di medicina legale presso il Dipartimento di Scienze Anatomiche dell’Università di Adelaide in Australia, ha scritto che “i volti dei primi antenati umani non possono essere oggettivamente ricostruiti o verificati”. E ha aggiunto che i tentativi di farlo partendo dalle moderne scimmie antropomorfe “con tutta probabilità sono fortemente condizionati da idee preconcette, grossolanamente inaccurate e inattendibili”. La sua conclusione? “È verosimile che qualsiasi ‘ricostruzione’ del volto dei primi ominidi sia fuorviante”. Un’équipe di ricercatori che ha studiato le dimensioni del cervello di varie creature estinte, per congetturare quali fossero più strettamente imparentate con l’uomo, ha ammesso di “avere spesso la sensazione di muoversi su un terreno insidioso”. La maggior parte di queste raffigurazioni si basa su crani e scheletri incompleti, oppure su singoli denti.

L’esperienza maturata da Darwin ad oggi, insegna onestamente che gli scienziati non sono riusciti a trovare un nesso tra le dimensioni relative del cervello e l’intelligenza; e questo riguarda sia  gli esseri umani, sia le  altre specie animali. Ma che dire dei resti fossili, del cosiddetto uomo di Neanderthal? Gli scienziati stanno cambiando opinione al riguardo. Nel 2009 uno dei maggiori ricercatori nel campo dell’uomo primitivo, il paleoantropologo professor Milford Wolpoff,  scriveva  sull’American Journal of Physical Anthropology  che “l’uomo di Neanderthal potrebbe essere stato una variante della razza umana vera e propria”.

Nel 2004, un articolo pubblicato su National Geographic, paragonava la documentazione fossile a “un film sull’evoluzione da cui siano stati tagliati 999 fotogrammi su 1000”. Considerate ciò che questo paragone implica. Supponete di trovare 100 fotogrammi di un film che in origine ne aveva 100.000. Come fareste a determinarne la trama? Potreste avere già una vostra idea al riguardo, ma che dire se solo 5 dei 100 fotogrammi potessero essere disposti in modo da sostenerla, mentre gli altri 95 raccontassero tutta un’altra storia? Sarebbe ragionevole sostenere che la vostra idea del film sia giusta, per via di quei cinque fotogrammi? È possibile che abbiate disposto i cinque fotogrammi in un certo modo, solo per assecondare la vostra teoria? Non sarebbe più ragionevole tener conto degli altri 95 fotogrammi? Se 95 fotogrammi della documentazione fossile mostrano che gli animali non si evolvono da un tipo a un altro, perché i paleontologi “pro-evoluzione” si ostinano a disporre i restanti 5 fotogrammi in modo da suggerire questa conclusione?

 

Ispirati da tale teoria, gli evoluzionisti hanno riscontrato che negli organismi viventi, con il susseguirsi delle generazioni, avvengono lievi modifiche. Per esempio, gli allevatori di razze canine possono incrociare selettivamente esemplari di cani, in modo che i discendenti abbiano caratteristiche con zampe più corte o pelo più lungo. Alcuni scienziati definiscono queste piccole variazioni come “microevoluzione”. Secondo gli evoluzionisti, nel corso di miliardi di anni tanti piccoli cambiamenti, si sarebbero sommati al punto da  produrre grandi cambiamenti, e questo avrebbe fatto in modo che i pesci si evolvessero in anfibi e le creature scimmiesche in esseri umani. Un simile ed ipotetico processo, che comporta grandi cambiamenti, è detto “macroevoluzione”.

Coloro che la considerano una spiegazione plausibile, fanno questo ragionamento: “Se all’interno di una specie possono avvenire piccoli cambiamenti, perché l’evoluzione non potrebbe produrre grandi cambiamenti in lunghi periodi di tempo?”. Quanta fatica e quante energie spese, pur di negare la lineare verità esposta in Genesi 1:14-25 ove è scritto: “Poi Dio disse: «Produca la terra animali viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e animali selvatici della terra, secondo la loro specie». E così fu. Dio fece gli animali selvatici della terra secondo le loro specie, il bestiame secondo le sue specie e tutti i rettili della terra secondo le loro specie. Dio vide che questo era buono”.

 

Per confutare la tesi dell’evoluzione della specie, vi propongo tre riflessioni suggestive, che sono le seguenti:

 

1. Le mutazioni provvedono la materia prima necessaria alla formazione di nuove specie ?

A smentita di questo tipo di convinzione, possiamo raccontare che alla fine del  1930, gli scienziati abbracciarono con entusiasmo una nuova idea. Conclusero di potersi cimentare nella selezione delle mutazioni, in modo ancor più efficace, utilizzando  metodi artificiali da laboratorio. Lo scienziato Wolf-Ekkehard Lönnig dell’istituto tedesco Max Planck per la Ricerca sul Miglioramento Genetico delle Piante Coltivate, racconta: “L’entusiasmo contagiò i biologi in generale, ma soprattutto i genetisti e gli esperti di tecniche di selezione”. Perché un tale entusiasmo? Lönnig, che ha dedicato circa 30 anni allo studio delle mutazioni genetiche nelle piante, ha affermato: “Quei ricercatori pensarono fosse venuto il momento di rivoluzionare i metodi tradizionali, con cui si selezionavano piante e animali. Ritenevano che inducendo e selezionando mutazioni vantaggiose, si potessero generare organismi vegetali e animali migliori. Anzi, alcuni speravano di produrre specie completamente nuove”. I dati raccolti dopo circa cento anni di ricerca, nel campo delle mutazioni e settanta anni nel lavoro di selezione artificiale, mediante induzione di variazioni, permettono agli scienziati di tirare le somme riguardo alla possibilità che cambiamenti producano nuove specie. Dopo aver preso in esame le prove, Lönnig ha concluso: “Le mutazioni non possono trasformare una specie vegetale o animale, in una interamente nuova. Tale conclusione, concorda con il metodo del calcolo delle probabilità e con tutti i test e le ricerche effettuate, sulle mutazioni nel XX secolo”.  Per quanto riguarda gli animali, i risultati degli esperimenti relativi alla selezione artificiale mediante induzione di mutazioni, si sono rivelati ancor deludenti al punto che il metodo è stato completamente abbandonato.  Lönnig crede che la vita sia opera di un Creatore. Nondimeno i commenti qui riportati, rappresentano la sua opinione personale e non la posizione ufficiale dell’Istituto Max Planck per la Ricerca sul Miglioramento Genetico delle Piante Coltivate: non potrebbe essere diversamente!

 

2. La selezione naturale porta alla formazione di nuove specie?

Come già detto, le ricerche indicano chiaramente che le mutazioni non possono produrre specie completamente nuove. Un opuscolo pubblicato nel 1999 dall’Accademia Nazionale americana delle Scienze, menziona le 13 specie di fringuelli studiati da Darwin alle Galápagos, i quali divennero talmente  famosi che furono “etichettati” col nome del padre dell’evoluzionismo. Intorno al 1970, un gruppo di ricercatori guidati da Peter e Rosemary Grant, dell’Università di Princeton, si mise a studiare proprio quei fringuelli e scoprì che dopo un anno di siccità, gli esemplari con il becco leggermente più grande, sopravvivevano meglio degli altri. Poiché la classificazione delle 13 specie di fringuelli è determinata principalmente dalle dimensioni e dalla forma del becco, tali scoperte furono ritenute significative. L’opuscolo continua: “I coniugi Grant calcolarono che se sulle isole si fosse verificato un periodo di siccità ogni 10 anni, in soli 200 anni circa sarebbe potuta comparire una nuova specie di fringuelli”. Tale opuscolo, tuttavia, nasconde il fatto che negli anni successivi al periodo di assenza di piogge, la popolazione di fringuelli col becco più piccolo tornava di nuovo ad essere prevalente. I ricercatori scoprirono che con le modificazioni delle condizioni climatiche, i fringuelli col becco più lungo si ponevano come leader per un anno, ma in seguito tornavano a essere dominanti quelli col becco più piccolo. Notarono anche le diverse specie di fringuelli, che incrociandosi davano vita a una progenie le cui probabilità di sopravvivenza, erano più elevate di quelle dei genitori. Giunsero alla conclusione per la quale se gli incroci si fossero protratti nel tempo, le due specie avrebbero potuto fondersi in una sola. Ma non un’altra specie!  In effetti i fringuelli di Darwin non stanno diventando “nulla di nuovo”. Sono sempre fringuelli. E il fatto che si incrocino tra di loro, mette in dubbio i criteri che gli evoluzionisti usano per definire le specie animali. I fringuelli di Darwin dimostrano tutt’al più che una specie può adattarsi ai cambiamenti climatici. Quindi, volendo considerare le cose seriamente, la selezione naturale non può dare luogo a razze animali completamente nuove.  Decenni or sono, il biologo evoluzionista professor George C. Williams, iniziò a metterlo in dubbio. Nel 1999 anche  l’evoluzionista antropologo Jeffrey H. Schwartz sostenne tale verità,  affermando che la selezione naturale può aiutare le specie ad adattarsi ai cambiamenti delle condizioni ambientali, ma senza dare origine a nulla di nuovo.

 

 

3. La documentazione fossile registra cambiamenti macroevolutivi?

In una audace dichiarazione a nome dell’Accademia Nazionale Americana delle Scienze di Washington, il professor Niles Eldredge, evoluzionista convinto, afferma che le testimonianze fossili non dimostrano che si sia verificato un graduale accumulo di cambiamenti, ma che per lunghi periodi di tempo “nella maggior parte delle specie si sono verificati pochissimi cambiamenti evolutivi se non nessuno”.

Finora, scienziati di tutto il mondo hanno rinvenuto e catalogato circa 200 milioni di grandi fossili e miliardi di microfossili. Eppure, molti ricercatori concordano nel dire che in base a tale documentazione vasta e dettagliata, tutti i principali gruppi di animali sono comparsi all’improvviso e sono rimasti sostanzialmente invariati, e molte specie sono scomparse in maniera altrettanto improvvisa.

 

 

 

 

CREAZIONE IN SEI GIORNI

Per ciò che riguarda la tesi della creazione in sei giorni, è interessante notare come Mosè, nella cronistoria della Genesi, descrisse la nascita dei cieli e della terra. In quanto evento riguardante la creazione della vita in 6 fasi, rappresentate da cicli di “sera e mattina”, come avrebbe potuto egli possedere informazioni così accurate dal punto di vista del riscontro scientifico? Sicuramente la risposta si trova nell’ispirazione di Dio! Il Padre eterno fu certamente in grado di dare a Mosè, una conoscenza di tipo avanzato. Questo avvalora ancor di più la dichiarazione per la quale, la  Bibbia dice di se stessa di essere “ispirata da Dio” (2 Timoteo 3:16).

Ma come conciliare il racconto sull’origine dell’universo, della terra e dell’uomo, con le scoperte scientifiche? Al netto della teoria darwiniana circa l’evoluzionismo,  prenderemo ora in considerazione le due scuole di pensiero che sono in armonia con lo scopo di questa nostra ricerca: creazione in sei giorni e creazione in lunghi periodi di tempo, quest’ultima intervallata da un gap tra Genesi 1:1 e 1:2. Per una questione di immediata comprensione, useremo le relative definizioni di  “creazione breve” e “creazione lunga”, quest’ultima riferita a giorni intesi come periodi non di 24 ore, ma protratti e indeterminabili. Cominciamo con l’esporre le tesi della creazione breve. Nella Bibbia, l’ebraico baràʼ e il greco ktìzo, sono parole che traducono  entrambe il termine “creare” e sono usate esclusivamente con riferimento ad opere di Dio.

In Genesi, la parola ebraica che traduce l’arco di una giornata di 24 ore è yom. Secondo i sostenitori della creazione breve, i giorni sono da intendersi in senso letterale. I creazionisti che avvalorano una simile idea, insegnano che la terra abbia solo poche migliaia di anni. Quindi il termine yom, comparendo in Genesi al capitolo 1:5 e al capitolo 2:2, sembrerebbe descrivere ogni giorno come “sera e mattina”, in modo da rendere chiaro che il suo autore si riferisse ad un periodo di 24 ore. Sempre i fautori della creazione breve, sostengono che le indicazioni di tempo, circa l’alternanza “sera” e “mattina” sarebbero altrimenti inutili, se non fossero legate ad un giorno letterale di 24 ore. E difatti, questa è stata l’interpretazione comune dei giorni biblici fino al XIX secolo. Chi sostiene tale convinzione, considera il fatto che Adamo, essendo creato nel sesto giorno, offre la possibilità matematica per stabilire un’età approssimativa della terra, grazie ai dettagli cronologici della stirpe umana, immediatamente successiva.  Le genealogie elencate in Genesi 5 e 11 forniscono l’età in cui Adamo e i suoi discendenti generarono ciascuno la generazione successiva, dando vita a una linea diretta che va da Adamo ad Abramo. Stabilendo il momento in cui Abramo viene inserito cronologicamente nella storia e aggiungendo le età fornite in Genesi 5 e 11, diventa chiaro che la Bibbia possa consentire di dimostrare che la terra abbia circa 6.000 anni. Gli scienziati in favore dell’età giovane del pianeta, insistono nel dire che la datazione radiometrica è viziata perché basata su una serie di falsi presupposti, e di conseguenza anche la cronologia geologica sarebbe inattendibile, perché condizionata da essa. Inoltre, essi puntano a sfatare i miti sull’antichità della terra, come l’errata idea popolare secondo la quale, sarebbero stati necessari lunghi periodi di tempo per la stratificazione, la fossilizzazione e la formazione dei diamanti, del carbone, del petrolio, delle stalattiti, delle stalagmiti, e simili. Gli scienziati che sostengono la tesi della creazione breve, riconoscono di costituire, oggi, una minoranza, pur rimanendo speranzosi che i loro colleghi, esponenti della scuola relativa alla creazione lunga, possano in futuro riesaminare le prove e convincersi del contrario.

Il professor Pattle Pun, eminente biologo al Weaton College nell’Illionois, dichiara: “Dio creò i cieli e la terra in sei giorni solari, l’uomo fu creato il sesto giorno, dopodiché la morte e il caos entrarono nel mondo per la caduta di Adamo ed Eva”.

 

 

 

CREAZIONE LUNGA

 

Atei e agnostici, sostengono che la scienza potrebbe smentire il racconto biblico della creazione, riportato nei capitoli 1 e 2 di Genesi. Essi dichiarano che numerose scoperte scientifiche degli ultimi 100 anni, getterebbero ombra sulla sua attendibilità. Tuttavia, i sostenitori della creazione lunga, nella sua versione di Gap Theory, ovvero “teoria dell’intervallo”, sono convinti che da un’attenta analisi del testo biblico, si evinca che non ci sono contrasti con i fatti scientifici dimostrati. I geologi, con i loro metodi di datazione, sostengono che la terra avrebbe all’incirca 4 miliardi di anni. Gli astronomi, che studiano le galassie e i sistemi celesti, dichiarano che l’universo potrebbe avere ben 15 miliardi di anni. Queste cifre, contraddicono Genesi 1:1? No. La Bibbia non specifica l’età effettiva dei “cieli e della terra”. Pertanto, la scienza non smentisce il testo biblico. Purtroppo, la tesi della creazione breve, presta il fianco alle critiche degli atei. E ciò perché, come detto nelle pagine precedenti, essa sostiene che Mosè, indicando il giorno successivo al precedente, con l’alternanza “sera e mattina”, si riferisse a quotidianità di 24 ore: questo confliggerebbe con gli incontrovertibili dati che la scienza moderna ha acquisito.

Un detto sostiene: “Non è la cosa che rende grande l’uomo ma è l’uomo che rende grande la cosa”; per tale motivo, prendiamo un po’ di spazio per raccontarvi di uno storico pastore battista, promotore della tesi della creazione lunga, il professor William B. Riley. Nel 1888 egli si diplomò presso il Southern Baptist Theological Seminary di Louisville, nel Kentucky . Nel 1908, dalla Sud Baptist University della contea di Jackson nel Tennessee , ottenne  il dottorato in teologia. Riley servì diverse chiese battiste in Kentucky , Indiana e Illinois prima assumere il pastorato presso la First Baptist Church di Minneapolis nel 1897. Quando nel 1947 William Riley morì, Billy Graham condusse il servizio funebre anche perché egli venne scelto dallo stesso  Riley  a succedergli come presidente della Northwestern University. A quel tempo, tale istituito universitario era il secondo sia per formazione religiosa che per importanza nel mondo, avendo circa 1.200 studenti iscritti. Queste che ho elencato, credo siano buone credenziali di attendibilità. Era ferma convinzione di Riley che "la prima e più importante ragione per  l’eliminazione dell’evoluzione è che non si tratta di  una scienza, ma solo di una ipotesi, una speculazione". Egli fu uno strenuo difensore del concetto della creazione lunga, ribadendo che “i sei giorni del racconto della Genesi non sono computabili in 24 ore, ma in periodi molto più lunghi, di migliaia o milioni di anni”. 

Su questa linea di pensiero si asserisce che, precedentemente all’inizio del primo giorno,  il sole esisteva già. Ma in qualche modo, la luce emessa non poteva raggiungere la superficie terrestre, forse a causa di fitte nubi (Giobbe 38:9). Durante il primo “giorno” questa barriera iniziò ad aprirsi, permettendo alla luce diffusa di penetrare l’atmosfera. Descrivendo ciò che avvenne quel primo giorno, il termine ebraico usato per definire la parola “luce” è ’ohr, intesa come luminosità in senso generale, mentre in relazione al quarto giorno la parola usata è ma’òhr, in riferimento a sole e luna, come fonti di luce. A quanto pare si trattò di un processo graduale, come indica la traduzione di J. W. Watts: “E la luce venne gradualmente all’esistenza” (Genesi 1:3, A Distinctive Translation of Genesis).  Inoltre, i 6 giorni della Genesi non potevano essere letterali, se non altro perché nel racconto è detto che il sole non sarebbe stato creato fino al quarto giorno.

Nel secondo giorno, evidentemente l’atmosfera continuò a schiarirsi, favorendo  una separazione tra le nubi di sopra e il mare di sotto. Durante il quarto giorno l’atmosfera si era gradualmente schiarita, al punto da far comparire chiaramente il sole e la luna “nella distesa dei cieli” (Genesi 1:14-16). In altre parole, dal punto di vista di un osservatore sulla terra, il sole e la luna iniziarono a essere visibili. Questi avvenimenti ebbero luogo, come già detto, con gradualità.

Sempre secondo il racconto della Genesi, man mano che l’atmosfera si schiariva, il quinto giorno iniziarono a comparire volatili, fra cui insetti e creature dotate di membrane alari. La Bibbia, però, indica che durante il sesto giorno Dio stava ancora “lavorando” nel perfezionare la creazione animale, perché Genesi 2:19 dice che “Dio il SIGNORE, avendo formato dalla terra tutti gli animali dei campi e tutti gli uccelli del cielo, li condusse all'uomo per vedere come li avrebbe chiamati, e perché ogni essere vivente portasse il nome che l'uomo gli avrebbe dato”. Nella tradizione semitica, il nome non è solo un insieme di consonanti e vocali pronunciabili, ma può avere anche una valenza metaforica, andando ad indicare le caratteristiche intrinseche di un soggetto vitale. Potremmo quindi ragionevolmente pensare che nel sesto giorno, Dio fece conoscere ad Adamo il mondo animale, creato secondo Genesi 1:14-25: “Dio fece gli animali selvatici della terra secondo le loro specie, il bestiame secondo le sue specie e tutti i rettili della terra secondo le loro specie. Dio vide che questo era buono”. Per quanto concerne il settimo giorno, in collegamento ad esso non viene riportata la frase rituale “Fu sera, poi fu mattina…”, proprio perché Dio si accinse a riposare, indicando che il periodo di quel “giorno” sarebbe continuato (Genesi 2:1-3). Inoltre, più di 4.000 anni dopo l’inizio del settimo giorno o giorno di riposo di Dio, Paolo in Ebrei 4:1-11 spiegò che esso era ancora in corso con la frase “Facciamo perciò tutto il possibile per entrare in quel riposo”. Ciò conferma che al tempo dell’apostolo, il settimo giorno durava da migliaia d’anni, e non era ancora terminato. Il Regno millenario di Gesù Cristo, fa evidentemente parte del grande sabato (Apocalisse 20:1-6), indicando che dall’inizio alla fine del giorno di riposo di Dio, non trascorrono le letterali 24 ore. E poiché il settimo giorno è in corso da migliaia di anni, si può ragionevolmente concludere che ciascuno dei sei periodi creativi abbia molte cifre con tanti zeri. Che un giorno possa essere più lungo di 24 ore è suffragato anche da Genesi 2:4, dove si parla di tutti i periodi creativi come di un unico giorno. E ne abbiamo conferma anche da 2 Pietro 3:8 che sostiene: “Ma voi, carissimi, non dimenticate quest'unica cosa: per il Signore un giorno è come mille anni, e mille anni sono come un giorno”. Considerare ciascun giorno creativo non come un arco di 24 ore, ma come un periodo molto più esteso di migliaia di anni, concorda meglio con le testimonianze geologiche.

Ed ora andiamo a conoscere un altro interessante personaggio: Thomas Chalmers, pastore evangelico della Chiesa scozzese. Egli venne definito come il più grande uomo del protestantesimo ottocentesco in Scozia. Chalmers nel suo tempo, cercò di conciliare la Genesi con le nuove scoperte sull’età della terra, perché esse datavano l’esistenza del pianeta in 4,5 miliardi di anni. In Genesi 1:1-2 è scritto: Nel principio Dio creò i cieli e la terra. La terra era informe e vuota, le tenebre coprivano la faccia dell'abisso e lo Spirito di Dio aleggiava sulla superficie delle acque”. Genesi 1:1 con la frase "Nel principio Iddio creò i cieli e la terra" , descrive il primo passo della creazione. Nonostante ciò,  Genesi 1:2 sarebbe un atto successivo e diverso, come risultato di una distruzione o di una catastrofe, sottintendendo l’esito di un episodio della "protostoria" dell’universo. Una tale creazione originaria di Genesi 1:1 avrebbe avuto un seguito successivo, costituito da un indeterminato periodo di tempo, al quale potrebbero corrispondere tutte le ere geologiche calcolate in miliardi di anni. Alla luce di queste riflessioni, il grande cataclisma che avrebbe ridotto la terra in un luogo "informe e vuoto", si pensa essere stato un evento di portata cosmica. Di conseguenza Genesi 1:3-31 descrive la "creazione" in cui Dio preparò il nostro pianeta in maniera ideale, affinché potesse essere l’ambiente giusto per la vita del primo uomo e della prima donna; senza dinosauri ed altri grandi animali, le cui esistenze non sarebbero state compatibili con la vita dell’uomo sulla terra. Questa interpretazione permette di affermare che la Bibbia non contrasta con la scienza. Per riassumere: vi fu una prima creazione descritta sommariamente in Genesi 1:1; nell’intervallo (gap) intercorrente tra il versetto 1 e il versetto 2 del primo capitolo della Genesi, si possono tranquillamente collocare le varie ere geologiche di miliardi di anni, di cui parlano gli scienziati, come abbiamo già detto diffusamente;  in questo spazio di tempo, Dio ha creato una terra funzionale, completa di animali, dinosauri e altre creature che conosciamo attraverso il registro fossile. Per cui, la Genesi  è pienamente compatibile con la nozione di una creazione, attraverso un lungo periodo di tempo. Cosa sia successo tra Genesi 1:1 e 1:2, la Scrittura non lo dice. Genesi 1:1 afferma che Dio ha creato i cieli e il nostro globo terracqueo, contemporaneamente ad altri pianeti della nostra galassia. Genesi 1:2 dichiara che la terra era informe, vuota e buia e non vi era ancora l’uomo. Per tutto il capitolo 1 di Genesi, e in modo più specifico nel capitolo 2, si racconta come Dio abbia dato vita al nostro pianeta, riempiendolo di perfezione e bellezza. 

 

 

DUNQUE?

 

Come abbiamo già detto altrove, con queste risultanze l’ostinarsi ad essere ancora convinti della fondatezza dell’evoluzionismo, sarebbe un atto fideistico.  Applicato al nostro argomento, in questo caso il concetto di fideismo significa nutrire fiducia cieca e illogica in scienziati agnostici o atei, le cui asserzioni sono influenzate da proprie convinzioni personali nell’interpretare scoperte scientifiche. Credere che le mutazioni e le selezioni naturali abbiano prodotto tutte le complesse forme di vita, sebbene un secolo di ricerche mostri che ciò che è variato non ha mai trasformato una specie in una completamente nuova, rappresenta una forzatura. Significa ritenere che tutte le creature si siano gradualmente evolute da un antenato comune, benché la documentazione fossile indichi chiaramente che le principali categorie vegetali e animali, sono venute all’esistenza tali e quali, e non si sono evolute in altre categorie, nemmeno nel corso di centinaia di milioni di anni. Vi pare che questo significhi basarsi sui fatti? Non c’è dubbio: credere nell’evoluzione, assumendo convinzioni atee significa solo, come sostiene il già citato astrofisico italiano, professor Antonino Zichichi “esercitare un atto di fede nel nulla”.

 

Ciò considerato, riflettiamo intorno ad una domanda: perché molti atei insistono nel presentare la macroevoluzione come un fatto reale? Il noto evoluzionista Richard Lewontin, riconobbe che molti scienziati propendono per affermazioni non comprovate, perché sono “in primo luogo devoti alla causa del materialismo”. Rifiutano di prendere in considerazione l’idea che esista un Progettista, perché come scrisse Lewontin “non possiamo permetterci di aprire la porta alla sola ipotesi di Dio”. A questo riguardo, il sociologo Rodney Stark  citato in Scientific American, ha detto: “Ci sono stati 200 anni di pubblicizzazione del fatto che se si vuole essere una persona di scienza, si deve tenere la mente sgombra da condizionamenti religiosi”. Egli fa anche notare che nelle università dove si fa ricerca “le persone religiose tengono la bocca chiusa”.

 

 

DILUVIO: UNA LEGGENDA?

 

Gli scettici sostengono che i capitoli di Genesi da 1 ad 11, Noè incluso, non sarebbero altro che una raccolta di racconti mitologici. Ed invece, tutti i fossili ritrovati dai paleogeologi, hanno la loro ragion d’essere nell’evento del catastrofico diluvio universale. Infatti, con i risultati delle ricerche e delle scoperte dello scienziato Robert Ballard, direttore e docente all’Istituto di Archeologia Oceanografica dell’Università di Rhode Island, sì è aperto un fronte sorprendente.  Molto noto nel suo ambito per lavori di successo in archeologia subacquea, nel 1985 il suo nome divenne famoso in tutto il mondo, per le scoperte e le localizzazioni del relitto del famoso Titanic. Egli afferma di aver trovato le prove di un’ immensa inondazione avvenuta nella  regione del Mar Morto. Inoltre, in uno dei suoi viaggi di esplorazione e studio, venne rinvenuta una antica spiaggia sommersa (circa 122 metri sotto la superficie del Mar Nero), che è la prova di un’antica inondazione. Analizzando le conchiglie trovate lungo quel litorale sottomarino, col metodo del Carbonio 14, Ballard poté datare il diluvio intorno 5600 a.C. Secondo lo scienziato, in un solo attimo quasi 150 mila chilometri quadrati di terra si trovarono sommersi dalle acque, provocando la cancellazione di migliaia di vite umane e animali. Non dimentichiamo che Genesi 7:11 afferma con precisione che le grandi acque scaturirono anche dai fondali della terra, e ciò avvenne nel secondo mese dei 600 anni di Noè. Nella Bibbia, l’Arca è descritta come una grossa imbarcazione pari a 300 cubiti di lunghezza (circa 140 metri) e sarà Dio stesso a darne indicazioni per la costruzione. Secondo Genesi 7:20 le acque prevalsero sugli alti monti di 6,5 metri e dopo  150 giorni cominciarono a diminuire (Genesi 8:3). In seguito, l’arca si posò sul monte Ararat, nell’attuale Turchia orientale. “E’ sciocco pensare di riuscire a trovare la nave” continua Ballard “ma potremmo riscontrare i resti fossili di persone e villaggi che ora si trovano sepolti”.

Vogliamo concludere la nostra ricerca, nella certezza d’aver infuso la convinzione che non siamo soli, perché abbiamo un Creatore reale. Un passaggio fortemente poetico del Salmo 19:1 declama “I cieli raccontano la gloria di Dio e il firmamento annuncia l'opera delle sue mani”. Le menti scientifiche più illuminate sia del passato che del presente, si sono arrese umilmente nel riconoscere che solo nella trascendenza della materia, si trova la risposta ai “come” e ai “perché” dell’esistenza. Ed è proprio nel progetto creativo, che abbiamo la migliore attestazione dell’esistenza di Dio.

 

 

 

 

QUANDO LA SCIENZA CREDE

 

Al termine di questo trattato, per “chiudere in bellezza”, vi propongo un elenco significativo di scienziati credenti, cattolici, protestanti, ortodossi, ebrei o semplicemente deisti. Si tratta di nomi che hanno segnato epoche, e aperto nuovi orizzonti grazie a scoperte scientifiche ed invenzioni rivoluzionarie.

La fede in Dio pone nell’uomo un’intelligenza, non superiore, ma diversa da chi non crede. Un’intelligenza completa e più profonda della realtà, che permette di rispondere alle domande radicali ed inestirpabili del nostro io e dare un’ipotesi di significato a tutto. Essere consapevoli di un qualcosa che esiste veramente, consapevoli di una Presenza che sia “presente”, è totalmente diverso dal partire rispetto da un vuoto, da un’assenza, da un’irrazionalità da parte di chi professandosi ateo, non può non sperimentare. Inoltre, l’ipotesi di un significato ultimo, porta l’uomo credente ad essere maggiormente stimolato e produttivo proprio per rispondere alla vocazione che Dio gli offre. Tutto questo è dimostrato dall’evidenza che i più grandi scienziati della storia, erano e sono credenti.

 

ETA’ CONTEMPORANEA

 

Laurent Lafforgue, 1966, matematico.

Martin A. Nowak, 1965, biologo e matematico.

Krzysztof Meissner, 1961, fisico.

Marco Bersanelli, 1960, astrofisico.

Fabiola Gianotti, 1960, fisico.

Brian Kent Kobilka, 1955, fisiologo e premio Nobel.

Stephen M. Barr, 1953, fisico.

John David Barrow, 1952, cosmologo e matematico.

Lucio Rossi, 1952, fisico.

Simon Conway Morris, 1951, paleontologo.

Francis Collins, 1950, genetista.

Amir D. Aczel, 1950, storico della matematica e della scienza.

John Lennox, 1949, matematico.

Peter Agre, 1949, biologo, premio Nobel per la chimica

Kenneth R. Miller, 1948, biologo.

William D. Phillips, 1948, fisico e  premio Nobel.

David H. Bailey, 1948, matematico e informatico.

Frank Tipler, 1947, fisico.

Aaron Ciechanover, 1947, biologo e premio Nobel.

Joan Roughgarden, 1946, biologo.

Paul Davies, 1946, fisico e divulgatore scientifico.

Robert Thomas Bakker , 1945, paleontologo.

Alexander Markovich Polyakov, 1945, fisico teorico.

Antonio Ambrosetti , 1944, matematico.

Henry “Fritz” Schaefer III, 1944, chimico teorico e computazionale.

Christopher Isham, 1944, fisico teorico.

Mario Molina, 1943, chimico e premio Nobel.

Richard Errett Smalley, 1943, chimico e premio Nobel.

Eric R. Priest, 1943, matematico.

Duccio Macchetto, 1942, astrofisico.

John Suppe, 1942, geologo.

Gerald Schroeder, 1941, fisico.

Joseph Hooton Taylor Jr., 1941, fisico e premio Nobel.

Colin John Humphreys, 1941, fisico.

Enrico Bombieri, 1940, matematico.

Howard Alan Smith, astrofisico.

George Francis Rayner Ellis, 1939, cosmologo, matematico e filosofo.

Stuart Kauffman , 1939, biologo teorico.

Peter Andreas Grünberg, 1939, fisico e premio Nobel.

Donald Ervin Knuth , 1938, informatico e matematico.

Nathan Aviezer, 1938, fisico.

Robert B. Griffiths, 1938, fisico.

Ghillean Tolmie Prance, 1937, botanico.

Gerhard Ertl, 1936, fisico e premio Nobel.

Robert Brian Heap , 1935, biologo.

Carlo Rubbia , 1934, fisico e premio Nobel.

Francisco J. Ayala, 1934, biologo e filosofo.

Ugo Amaldi, 1934, fisico.

John B. Gurdon, 1933, biologo e e premio Nobel.

Arno Allan Penzias, 1933, fisico e premio Nobel.

Edward Nelson, 1932, matematico.

John Theodore Houghton, 1931, climatologo e fisico.

Russell Stannard, 1931, fisico.

Herman Branover , 1931, fisico e pioniere della magnetoidrodinamica.

Robert Aumann, 1930, matematico e premio Nobel per l’Economia.

William C. Campbell, 1930, biochimico, premio Nobel per la medicina.

John Polkinghorne, 1930, fisico delle particelle.

Owen Gingerich, 1930, astronomo.

Wolfgang Smith , 1930, matematico, fisico e filosofo della scienza.

Werner Arber , 1929, biologo e premio Nobel per la medicina.

Franco Bassani, 1929, fisico.

Antonino Zichichi, 1929, fisico.

Ennio De Giorgi, 1928, matematico.

Vera Rubin, 1928, astronoma.

Yehuda Levi, 1926, fisico.

Allan Sandage, 1926, astronomo e astrofisico.

Jerome Lejeune, 1926, pediatra e genetista, scopritore della causa della Sindrome di Down.

Giovanni Prodi , 1925, matematico.

Robert Jastrow 1925, astronomo, fisico e cosmologo.

Antony Hewish , 1924, astronomo e premio Nobel, cristiano

Stanley Jaki , 1924, fisico e filosofo

Arthur Peacocke , 1924, biochimico.

Giuseppe Tagliaferri, 1924, astronomo.

René Girard , 1923, antropologo.

Freeman John Dyson, 1923, fisico e matematico.

Arthur Schawlow, 1921, fisico e premio Nobel.

Cyril Domb, 1920, fisico.

Joseph E. Murray, 1919, chirurgo e premio Nobel.

Derek H. R. Barton, 1918, chimico e premio Nobel.

Christian Boehmer Anfinsen, 1916, biochimico e premio Nobel.

Alvin Radkowsky, 1915, fisico nucleare.

Charles Hard Townes, 1915, fisico e premio Nobel.

Fred Hoyle, 1915, astronomo.

Roberto Busa, 1913, linguista e fondatore della linguistica computazionale.

Wernher von Braun , 1912, scienziato e ingegnere.

Enrico Medi , 1911, fisico e politico.

Melvin Calvin, 1911, biochimico e premio Nobel.

Charles Alfred Coulson, 1910, chimico.

Carlos Chagas Filho, 1910, neuroscienziato e biologo.

Takashi Paolo Nagai, 1908, medico radiologo.

Ernst Boris Chain, 1906, biochimico e premio Nobel.

Lucien Morren, 1906, ingegnere ed elettrotecnico.

Sergio Tonzig, 1905, botanico.

John Carew Eccles , 1903, neurofisiologo e premio Nobel.

Ernest Walton, 1903, fisico, premio Nobel.

Henry Margenau , 1901, fisico e filosofo della scienza.

Henry Eyring, 1901, chimico e premio Wolf.

Werner Karl Heisenberg, 1901, fisico e premio Nobel.

Luigi Fantappié, 1901, matematico.

Enrico Fermi, 1901, fisico e premio Nobel per la fisica

Theodosius Dobzhansky, 1900, genetista e biologo.

Gordon Willard Allport, 1897, psicologo.

Edward Arthur Milne , 1896, astronomo e matematico.

Georges Lemaitre , 1894, astronomo e fondatore della teoria cosmologica moderna.

Norbert Wiener  1894, matematico e fondatore della cibernetica.

Arthur Holly Compton , 1892, fisico e premio Nobel.

Michael Polanyi , 1891, antropologo, filosofo ed economista.

Ronald Fisher , 1890, matematico  e fondatore della statistica moderna

Paul Joachim Schebesta , 1887, antropologo, entologo, scopritore.

Rudolf Allers , 1883, psichiatra.

Karl Theodor Jaspers , 1883, filosofo e psichiatra.

Pavel Aleksandrovič Florenskij, 1882, filosofo e matematico.

Arthur Stanley Eddington, 1882, astrofisico.

Filippo Cecchi, 1882, fisico e inventore.

Max Born, 1882, fisico, matematico e premio Nobel.

Pierre Teilhard de Chardin, 1881, filosofo, paleontologo.

Alexander Fleming, 1881, biologo, farmacologo, padre della pennicillina e premio Nobel.

Otto Hahn, 1879, padre della chimica nucleare e premio Nobel.

Francesco Severi , 1879, matematico.

Albert Einstein, 1879, fisico e premio Nobel.

Agostino Gemelli , 1878, medico e psicologo.

Ernest William Barnes , 1874, matematico.

Guglielmo Marconi , 1874, fisico e premio Nobel.

Alexis Carrel , 1873, biologo e premio Nobel.

Edmund Taylor Whittaker, 1873, matematico.

Robert Millikan, 1868, fisico e premio Nobel.

Alfred North Whitehead, 1861, matematico e filosofo.

Roberto Landell de Moura, 1861, fisico e pioniere della radio in Brasile.

Pierre Duhem , 1861, filosofo, storico della scienza, fisico e matematico.

Giovanni Boccardi , 1859, matematico e astronomo.

Max Planck, 1858–1947, fisico e premio Nobel.

Pietro Maffi, 1858, astronomo.

Ronald Ross, 1857, medico e premio Nobel.

Joseph John Thomson, 1856, fisico e premio Nobel.

Ernesto Schiaparelli, 1856, egittologo.

Nikola Tesla , 1856, fisico e co-scopritore della radio.

Gregorio Ricci-Curbastro, 1853, matematico.

Santiago Ramón y Cajal, 1852, medico, premio Nobel e fondatore della neuroscienza.

Giuseppe Mercalli , 1850, geologo, sismologo e vulcanologo.

Elia Millosevich , 1848, astronomo.

Johann Georg Hagen, 1847, astronomo.

Galileo Ferraris , 1847, ingegnere e scienziato.

Luigi Cerebotani, 1847, fisico.

Georg Cantor , 1845, matematico, padre della teoria degli insieme.

Ludwig Boltzmann , 1844, fisico e matematico.

Willard Gibbs, 1839, chimico e fisico, fondatore dell’analisi vettoriale.

Giovanni Schiaparelli, 1835, astronomo e storico della scienza.

Francesco Denza , 1834, astronomo.

Stephen Joseph Perry, 1833, astronomo.

James Clerk Maxwell, 1831, matematico e fisico.

St. George Jackson Mivart, 1827, biologo.

Joseph Lister , 1827, medico, fondatore dell’antisepsi.

Francesco Faà di Bruno, 1825, matematico e religioso.

William Thomson Kelvin1824, fisico e fondatore termodinamica.

Antonio Stoppani, 1824, geologo, paleontologo, fondatore della geologia e della paleontologia.

Lorenzo Respighi , 1824, astronomo.

Gregor Johann Mendel , 1822, biologo e padre della genetica moderna.

Louis Pasteur , 1822, chimico, biologo e padre della microbiologia.

Eugenio Barsanti , 1821, ingegnere e inventore.

Jean Bernard Foucault, 1819, fisico.

Angelo Secchi , 1818, astronomo e fondatore della spettroscopia.

Maria Mitchell, 1818, astronoma.

James Prescott Joule, 1818, fisico.

Karl Weierstrass , 1815, matematico.

Giovanni Caselli, 1815, inventore e inventore del pantelegrafo.

James Joseph Sylvester, 1814, matematico.

James Dwight Dana, 1813, geologo, mineralogista e zoologo.

James Young Simpson, 1811, medico e padre dell’anestesia.

Urbain Le Verrier , 1811, matematico e astronomo.

Antoine Thomson d’Abbadie, 1810, esploratore, geografo, numismatico e astronomo.

Theodor Schwann, 1810, fisiologo, padre della teoria cellulare

Francesco de Vico , 1805, astronomo.

Johannes Peter Müller, 1801, fisiologo, anatomista e padre della  fisiologia moderna.

Karl Ernst von Baer, 1792, geografo, biologo e padre dell’embriologia.

Michael Faraday, 1791, chimico e fisico.

Augustin-Louis Cauchy, 1789, matematico, padre dell’analisi matematica.

David Brewster , 1781, fisico e inventore.

Giovanni Inghirami, 1779, astronomo.

Carl Friedrich Gauss, 1777, matematico, astronomo e fisico.

André-Marie Ampere, 1775, fisico e scopritore elettromagnetismo.

John Dalton, 1766, chimico e fisico, fondatore chimica moderna.

Paolo Ruffini, 1765, matematico e medico.

Edward Jenner, 1749, medico, inventore del vaccino contro il vaiolo è definito il padre dell’immunologia.

Giuseppe Calandrelli, 1749, astronomo e matematico.

Giuseppe Piazzi, 1746, astronomo.

Antoine Lavoisier, 1743, chimico e padre della chimica.

Alessandro Volta, 1745, fisico e inventore.

Thomas Jefferson, 1743, filosofo, politico, scienziato e architetto.

William Herschel , 1738, astronomo e fisico, scoprì il pianeta Urano.

Luigi Galvani , 1737, fisiologo, anatomista e scopritore dell’elettricità biologica

Joseph-Louis Lagrange, 1736, matematico e astronomo.

Joseph Priestley, 1733, chimico, scopritore dell’ossigeno.

Lazzaro Spallanzani, 1729, biologo e fondatore biologia moderna.

Paolo Frisi, 1728, matematico, astronomo e religioso.

John Michell, 1724, astronomo, geologo e fisico.

Giuseppe Toaldo, 1719, astronomo e meteorologo.

Maria Gaetana Agnesi, 1718, scienziata matematica.

Giovanni Battista Beccaria, 1716, fisico, astronomo.

Giuseppe Boscovich, 1711, astronomo,  fisico e matematico.

Albrecht von Haller, 1708, considerato il padre della fisiologia moderna.

Eulero, 1707, matematico e fisico.

Carl Linnaeus, 1707, medico e naturalista, padre della classificazione scientifica degli organismi viventi.

Daniel Bernoulli, 1700, matematico.

Ramiro Rampinelli, 1697, matematico.

Stephen Hales, 1677, fisiologo.

Herman Boerhaave, 1668, medico, fondatore dell’insegnamento clinico e del moderno ospedale.

Johann Bernoulli, 1667, matematico, inventore calcolo esponenziale.

Giovanni Girolamo Saccheri, 1667, matematico e padre geometrie non euclidee.

Gottfried Leibniz, 1646, filosofo, matematico, fondatore del calcolo infinitesimale.

Isaac Newton 1643, matematico e fisico, padre della legge di gravitazione universale.

Niccolò Stenone, 1638, geologo, anatomista e fondatore della geologia.

Christiaan Huygens, 1629, matematico, astronomo e fisico.

John Ray, 1627, naturalista, padre della storia naturale inglese.

Robert Boyle , 1627, chimico e fisico, fondatore della chimica moderna.

Blaise Pascal, 1623, matematico, fondatore dell’idrostatica, dell’idrodinamica e della teoria delle probabilità.

Athanasius Kircher, 1602, filosofo, storico e padre dell’ egittologia.

Giovanni Riccioli , 1598, astronomo.

Giovan Battista Odierna, 1597, architetto e astronomo.

Cartesio, 1596, filosofo e matematico, padre della matematica moderna.

Giulio Alenio 1582, astronomo, geografo e matematico.

William Harvey, 1578, medico, fondatore medicina e fisiologia moderna.

Benedetto Castelli, 1577, matematico, fisico e padre dei sistemi idraulici.

Giovanni Keplero, 1571, astronomo e matematico.

Galileo Galilei , 1564, fisico, astronomo, matematico e padre scienza moderna.

Xu Guangqi , 1562, scienziato agrario, astronomo e matematico.

Ilario Altobelli , 1560, astronomo.

Matteo Ricci , 1552, matematico e cartografo.

Giovanni Nepero , 1550, matematico e astronomo, inventò il logaritmo naturale.

Tycho Brahe, 1546, astronomo.

Cristoforo Clavio , 1538, matematico e astronomo.

Ulisse Aldrovandi, 1522, naturalista e padre della geologia.

Ambroise Paré, 1509, medico chirurgo e padre della chirurgia.

Niccolò Copernico, 1473, astronomo.

Amerigo Vespucci , 1454, navigatore ed esploratore.

Leonardo da Vinci , 1452, artista, scienziato e pittore.

Nicola d’Oresme, 1323, matematico, fisico, astronomo, economista, filosofo, psicologo, musicologo.

Roberto Grossatesta, 1175, scienziato e statista.

 Ildegarda di Bingen, 1098, naturalista, scrittrice, musicista, cosmologa, linguista.